venerdì 30 ottobre 2015

L'IMPERATORE DELLE ZUCCHE VUOTE.

Nelle puntate precedenti:
Zooey ha infoltito il pelo in vista del freddo prossimo venturo e continua a confondere le mie braccia col tiragraffi.





Le vetrine dei negozi urlano "Halloween" ma il calendario sogghigna «È il tuo compleanno Liuk» e l'unica soddisfazione sarà strappar la pagina con su scritto "ottobre" il giorno seguente.
In 35 (scritto in lettere mi fa più senso, evito) anni se non altro ho raggiunto – almeno mi fa piacere credere sia così – alcune certezze, del tipo:
  1. "O bianco o nero" mi innervosisce, ma mai quanto le cinquanta sfumature di grigio. Di conseguenza: l'amore mostra i colori vividi ma i sentimenti sono in linea di massima daltonici e dopo una più o meno breve convivenza quando tu dici che qualcosa è blu io dico che è rossa e se io dico che è arancione tu dici che è verde, quindi alla soglia dei 35 continuo a sostenere che sia meglio l'LSD dell'amore. Cromaticamente parlando, perlomeno.
  2. La scrittura è nata coi sumeri e sta morendo coi somari.
  3. Stupidità e cattiveria son sorelle a braccetto.
  4. Gli elenchi numerati mi annoiano, soprattutto quando finiscono pari.

Negli ultimi anni mi son accadute un po' di cosucce buffe, di quelle che in teoria dovrebbero insegnare che l'unica cosa certa che si otterrà nel pianificare il futuro è la consapevolezza di aver sprecato tempo nella pianificazione stessa (ebbene sì, la regola dice che dai 35 puoi scrivere nonsense a ripetizione, proprio come gli over 70 parlano male ad alta voce mentre sono in coda al distributore dell'Acea sperando che fornisca vino e non acqua gassata).
Quando ai tempi delle superiori leggevo Rimbaud Baricco e compagnia bella sottobanco mi ripetevo che da grande sarei diventato un rocker, uno di quelli che la gente mentre sfoglia i testi pensa "ammappete che profondità!, più profondi del fondo degli occhi della notte del pianto", per dirla alla De Andrè. E per un po' lo sono stato, un fottuto rocker, almeno fino a quando lo scrivere i testi non m'è venuto a noia. E a pensarci ora, io che per anni mi addormentavo giusto per sognarmi sul palco, è paradossale.
Ma that's life, e nascere il 31 ottobre (ebbene sì: sono nato nella notte delle zucche e le zucche sono dolciastre. Sì, esatto, proprio come il sangue, embè?) include portarsi appresso l'essere scorpione, e cioè confrontarsi col ---> "ti senti realizzato? Bene, allora resetta tutto e reinventati che se no ti rammollisci in tempo zero."
E questa è la genesi del liuk-che-scrive, dove la sfida iniziale era pressappoco il realizzare un romanzo che non perdesse il ritmo dall'inizio alla fine, una sorta di lungo testo musicale. E dal momento che scrivere è 'na faticaccia della madosca, son andato giù di corsi alla Holden, ho visitato/vissuto più luoghi possibili del globo terracqueo – e che cavolo, uno scrittore per prima cosa deve sapere e non per sentito dire – e mi son confrontato con un bel po' di teste pensanti, alcune pure carine, tra l'altro. Tutto questo per poi dirmi: occhèi, adesso inventa un personaggio di quelli edificanti e dì ciò che pensi.
Per fortuna poi non è successo così, dal momento che:
  1. I personaggi escono dai polpastrelli quando caspita vogliono loro, non c'è santo che tenga.
  2. Pensare non è il verbo che mi rappresenta meglio.
Alla fine della fiera da quando sono entrato negli -enta ho creato principalmente quattro personaggi ma per paradosso sono stati loro a insegnarmi la vita, non il contrario. A volte mi domando se non siano proprio loro a comandare in silenzio i gesti che con la scrittura li costringo a compiere. Da uscirci pazzo, non so se rendo l'idea. Ma poi, chissenefrega.
Sì, capito, sto perdendo il filo.
Dicevo: scrivere è reinventarsi.
L'unico paletto che mi impongo quando creo frasi in un romanzo è scordare me stesso, per il resto non ho regole: se voglio aggiungere un due punti qui: lo aggiungo. Oppure che ne so, una virgola ad cazzum giusto per spezzare il ritmo della, frase? Fatto.
Il primo romanzo Per Adesso No è nato così, una esigenza, in stile «Ma scusa ti stavo parlando della fisica quantistica, perché mi hai baciata?» «Così, mi andava di farlo.»
Uno dei protagonisti dice "Più denso della Verità è l'Amore. E più dell'Amore è la Vendetta".
Caspita.
Quello che sto scrivendo ora – La creazione dell'Autunno – è più libero. Anche lì però sono i tre personaggi principali a muovere i fili, io sì è vero lo sto scrivendo eppure spesso mi sento più burattino che burattinaio, ma va benissimo così.
Proprio come dei seguaci di Quelo suggeriscono di non fossilizzarmi troppo nel ricercare le risposte ("La risposta è dentro di te epperò è sbagliata.") 
 


Uno dei tre continua a dirmi che dovrei lavorare sulle domande, "ma fai attenzione liuk!, le domande migliori sono scivolose, sfuggono come le code delle aurore boreali, tu le intravedi ma tempo di abbassare lo sguardo per preparare la reflex e loro son già via chissà dove, ste infami!"
Un altro dei tre invece mi ha fatto scrivere un qualcosa tipo "Se qualcuno eliminasse Speranza dal vocabolario, in quanto tempo sparirebbe dalla nostra vita?"
A saperla, la risposta!
Magari verso la fine del romanzo mi lancerà qualche indizio, incrocio le dita –non troppo se no a scrivere impiego il doppio del tempo.
Ma va beh, un passo alla volta.
In fondo siam quasi in quel di Halloween e mentre la gentaglia si crederà ganza con due canini affilati o un cappello da strega io mi limiterò ad augurarmi buon compleanno.
Un po' più consapevole dei miei obiettivi, se non altro.
Ognuno ha il titolo nobiliare che si merita, no?
Zio Charles Baudelaire, per dirne uno, era "comme le roi d'un pays pluvieux".




O che ne so, Adriano Celentano è "il Re degli Ignoranti".



E io, beh, essendo nato il 31 ottobre ogni volta che mi guardo intorno (e allo specchio) sono sempre più consapevole di essere l'Imperatore delle Zucche Vuote.



P.s. Quando terminerò la stesura di "La creazione dell'Autunno" giurin giurello che vi farò un fischio. Una casa editrice seria la troverò, sìssì. Vi piacerà 'na cifra questo romanzo, #sapevatelo.