martedì 15 gennaio 2013

LABIRINTITI.

SOUNDTRACK OF THE DAY
Territorial pissing – Nirvana
La verità che ricordavo – Afterhours
Hoppipolla – Sigur Ros

Succede che dal nulla capto parole in grado di modificarmi la giornata, di solito nei momenti in cui ho le orecchie in dormiveglia, tipo durante riunioni pranzi lezioni fila in posta o in quel limbo dei discorsi trascinati dove "tu mi parli io ti guardo convinto ma penso a tutt'altro".
A volte invece dò importanza a frasi del tutto innocenti buttate a casaccio – mi capitava anche coi testi delle canzoni, leggevo quelli stranieri convinto che la chiave di lettura della mia vita fosse tutta lì tra gli spazi bianchi delle lettere. Quando i Nirvana hanno inciso NeverMind avevo 11 anni, ricordo che alle medie durante l'ora di disegno chi voleva (io) portava una cassetta da sentire. Era il 91/92, tutti in valle crescevamo sotto il carisma della scia di Freddie Mercury e ascoltare qualcosa di diverso dai Queen (o dal pazzesco esordio di Elio & le storie tese) era impensabile, così scarabocchiando imparavo le traduzioni dei Nirvana. Finii col leggere "Just because you're paranoid / Don't mean they're not after you" e rimasi un poco traumatizzato. A pensarci adesso forse è anche per questo se ho un occhio tatuato sulla spalla, non si sa mai. smile
L'altro ieri invece è successo che me ne stavo tranquillo tra i miei viaggi mentali a pensare a chissàché mentre a lezione si stava procedendo con l'editing di chissàchi e chissàcome mi son ritrovato a scarabocchiare sui fogli di un capitolo di qualche collega. Labirinti, di vari generi. Dai classici quadrati tipo la settimana enigmistica a quelli rotondi, con un occhio a controllare il prof e l'altro che le righe fossero diritte.


 
E avanti così per un dieci minuti, credo. Finché la mia vicina (che quel giorno era tra l'altro una psicologa) prende il foglio, passa col dito su alcuni tracciati poi dice - Ma son tutti senza uscita. Così non ti troveremo mai -.
Credo di aver fatto la solita espressione da ebete per mascherare l'imbarazzo, un mezzo sorriso mentre per recuperare ho disegnato una crepa su un muro a mò di uscita: il risultato, un labirinto inguardabile. Tipo l'impressione che ci fanno le nostre facce quando la sera dopo ci mostrano foto scattate a tradimento in discoteca e l'idea di esser stati fighi si frantuma osservando smandibolate o le pupille commosse.
Così dopo aver richiuso il sorriso e il foglio mi son rimesso a fingere interesse per la lezione, nel mentre controllavo se nella spalla sinistra fosse già ricomparso il solito diavoletto a dirmi che sta storia del labirinto non è campata in aria, che sono asociale, che me ne rimarrò ad annoiare me stesso, che "stai zitto scemo non ti accorgi di pensare ad alta voce?".
E dal labirinto mi è venuto in mente il parco giochi sotto casa dove una volta un qualcosa del genere c'era, anche se l'altezza era credo sul metro e più che a nasconderci si giocava salendo sopra al muretto per correre in equilibrio sul perimetro. Ovviamente cadevo, credo che nel periodo delle elementari abbia lasciato più sangue e croste solo sull'asfalto del campo da calcio all'oratorio. 
Così sono passati gli anni e da allora, per un motivo o per l'altro, è sempre stato un continuo togliersi le croste (delusioni, vittorie dimenticate, rate della macchina, regali da fare, regali da consigliare, balli rifiutati, addii lasciati a metà, bottoni strappati ai concerti, numeri di telefono scordati, corsi abbandonati per pigrizia, discorsi mentali perfetti trasformati in parole al momento sbagliato, fuochi d'artificio guardati al di là del vetro, viaggi di ritorno a fissare il finestrino), come se la vita fosse un perpetuo graffiare. 
E io continuo a mangiarmi le unghie.


Qualche sera fa per far conoscenza si parlava delle scelte, di quella sorta di percorso (per dirla come i poeti della domenica mattina) che è la vita. Nonostante le miriadi di errori (qui si dice "se 'l giu-u a saveisa e 'l vej a pudeisa", cioè all'incirca "se il giovane sapesse e il vecchio potesse") non ho neppure motivo di lamentarmi su chi sono ora – anche perché non sapendo che rispondere al "cosa vorresti fare da grande" sarebbe ridicolo. L'unico pizzico di nostalgia per ciò che non è stato è il guardarsi indietro sempre meno convinto che quelle strade nella nebbia siano vicoli ciechi ma piuttosto sia stato io a credere fossero interrotte tenendo gli occhi chiusi dalla paura.
Non resta che armarsi di sorrisi&chitarra e procedere un passo dopo l'altro verso questo straordinario e assurdo viaggio, magari con lo sguardo alto a intuire quanto è splendido vivere e condividere.
E se ogni tanto si ha la necessità di guardare a terra non è poi una brutta cosa, in fondo le pozzanghere ci riflettono sempre bambini.

sabato 5 gennaio 2013

MI PRENDO E MI PORTO VIA.

SOUNDTRACK OF THE DAY

Be mine - REM
Teenage riot – Sonic Youth
True Love waits - Radiohead

Ieri ho pranzato a Torino in Piazza Vittorio godendomi una splendida giornata fuori stagione, col sole che mi filtrava tra la frangia spettinata. Avevo appena concluso la pratica per il rinnovo del passaporto e prima ancora di decidere il viaggio immaginavo a come ne sarei tornato differente.
E' sempre la stessa storia: ancora non ho fatto qualcosa che già mi proietto compiuto, forse perché così credo di faticare meno nel compierla. Un po' come il ciccione che guarda mediashopping e si immagina già con la tartaruga da frùfrù.
Ricordo per esempio che da piccolo, rinchiuso in un armadio di mio zio c'era un mandolino.
--Era di mio padre-- mi disse una volta.
Mi incuriosiva, guardavo spesso quella strana chitarra bombata in miniatura e se non c'era nessuno provavo a suonarlo.
Ci usciva ben poco, lo capivo già allora, anche se negli anni successivi delle superiori mi son ritrovato ad ascoltare gruppi statunitensi che non avrebbero fatto molto di meglio.
Non dicevo però a me stesso che non ne ero in grado, per una strana associazione di idee se mio nonno aveva conquistato mia nonna con le serenate sotto casa allora un DNA da mandolinista dovevo averlo per forza. Bastava semplicemente trovare l'elica corretta. E negare che di suonarlo, in fondo, me ne importava zero. Avrei preferito completare l'album degli Sgorbions, piuttosto.
Col tempo poi formai varie rockband dimenticandomi di quello strumento e delle serenate, ma questa è un'altra storia.
Dicevo: era una giornata molto calda, aspettavo la birra la pasta pomodoro&olive e tutti i tavoli accanto erano occupati da gente chiacchierona. Mi sentivo bene, coi capelli a ripararmi gli occhi dal riverbero e dagli sguardi indiscreti.
Poi si sa la mente è sciocca e mi è bastato un accenno di un vecchio brano dei REM en passant che taaak!, sono ripiombato indietro di anni, come avessi visto passeggiare un giovane Liuk così estraneo all'io attuale che a testa bassa canticchiava "I’ll strip the world that you must live in
of all its godforsaken greed. I’ll ply the tar out of your feathers. I’ll pluck the thorns out of your feet. You and me. You and me".


Ho bevuto la birra pensando a questa fissa che la gente ha sul cambiare per forza, come se rimanere sé stessi fosse un'onta. Che se si resta uguale si è noiosi e se si cambia si è inaffidabili. Bah.
Se avessi incontrato davvero il Liuk di -diciamo- 5 anni fa, forse non gli avrei stretto la mano però fermato di certo. E lui, lo so, avrebbe alzato lo sguardo risentito spegnendo una qualche canzone dei Radiohead da quello stupido Mp3 che avevo a forma di supposta e sarebbe rimasto in attesa per qualche secondo, la mano in tasca a controllare se il portafogli non era ancora stato scippato.
--Fidati un po' più degli altri-- gli avrei potuto dire --Fai sì con la testa quando ti danno consigli. E non seguirli. Mai--
Se non dovesse scappare (difficile che accada, correre tra la gente lo reputava un qualcosa di poco cool) potrei consigliarli di iscriversi subito alla scuola che sogna e di non dare corda a certa gente virtuale (l'avrebbero utilizzata per un nodo scorsoio). O forse non glielo avrei detto: in fondo le facciate servono a crescere, come dice Brunetta.
Spero perlomeno di non scoprirmi peggiore, se dovessi incontrarlo. Non troppo, almeno. Che poi in fondo chissenefrega. La paura del cambiare non mi tange granché, temevo più di rovesciarmi la birra in quel momento.
Comunque. Alla Holden c'è una persona che scrive davvero bene: cioè, è una donna e scrive da uomo in un modo così, così boh, così wow, una versione femminile a metà strada tra il mio mito Ian McEwan e Salinger. Di solito non mi garba molto leggere racconti di scrittrici che conosco, finisco sempre coll'essere imparziale, riempio le loro storie con particolari di chi le scrive, voce tic vestiti profumi occhiate discorsi scollature efelidi. E del resto la gente in linea di massima continua a non interessarmi granché purtroppo, quindi di riflesso pure i racconti. Lei invece è l'eccezione che speravo di trovare, come quella blogger che blablabla eccetera eccetera. Credo di essere attratto dalle artiste, dalle anime danzanti. Maledizione.
Ri-comunque. La collega holdeniana a un certo punto piazza una frase del tipo "Dopo i trenta tutto è senza impegno, nel senso che nessuno si impegna in niente, e allora mi sono detto perché dovrei farlo io" e ho pensato che a leggerla ora è uno spettacolo, ora che inizia l'anno e uno vanamente stila la lista delle cose che "Cascasse una pannocchia quest'anno farò!".
Iscriversi in palestra, trovare una casa col giardino, pubblicare il libro e finirne uno di Pynchon e Foster Wallace, interrompere una ola allo stadio, chiedere un aumento di stipendio, sgambettare un'ombra, innamorarmi di un'idea e/o di una ragazza, cose così.
Beh, dovrei ringraziarla per i maldipancia che eviterò smile
Dicevo. A fine serata mi son infilato sul solito pullmann traballante e la velocità minima mi ha permesso di ammirare un cielo rosa al di là delle alpi da cartolina ("Troppo caldo, troppo rosa e troppo bello, tempo da terremoto", direbbe mia nonna).
Guardavo dal finestrino che già fremevo pensando ai miagolii che fa Zooey ogni volta che mi avvicino alla porta di casa, probabilmente avrò anche accennato un paio di sorrisi, di quelli che quando vedi qualcuno farli sul tram pensi "ma questo è scemo".


 
Forza Liuk, arriverà il tuo turno, va tutto bene. Hai pure comprato la camicia di Dylan Dog alla Rinascente e una a righe grigionera di CK che ti sta d'incanto.
Forza Liuk, va tutto bene.
Scriverlo in fondo non costa nulla.
Che poi, voglio dire: basta parole. E l'ora di sporcarsi di vita.
STAY TUNED