sabato 5 gennaio 2013

MI PRENDO E MI PORTO VIA.

SOUNDTRACK OF THE DAY

Be mine - REM
Teenage riot – Sonic Youth
True Love waits - Radiohead

Ieri ho pranzato a Torino in Piazza Vittorio godendomi una splendida giornata fuori stagione, col sole che mi filtrava tra la frangia spettinata. Avevo appena concluso la pratica per il rinnovo del passaporto e prima ancora di decidere il viaggio immaginavo a come ne sarei tornato differente.
E' sempre la stessa storia: ancora non ho fatto qualcosa che già mi proietto compiuto, forse perché così credo di faticare meno nel compierla. Un po' come il ciccione che guarda mediashopping e si immagina già con la tartaruga da frùfrù.
Ricordo per esempio che da piccolo, rinchiuso in un armadio di mio zio c'era un mandolino.
--Era di mio padre-- mi disse una volta.
Mi incuriosiva, guardavo spesso quella strana chitarra bombata in miniatura e se non c'era nessuno provavo a suonarlo.
Ci usciva ben poco, lo capivo già allora, anche se negli anni successivi delle superiori mi son ritrovato ad ascoltare gruppi statunitensi che non avrebbero fatto molto di meglio.
Non dicevo però a me stesso che non ne ero in grado, per una strana associazione di idee se mio nonno aveva conquistato mia nonna con le serenate sotto casa allora un DNA da mandolinista dovevo averlo per forza. Bastava semplicemente trovare l'elica corretta. E negare che di suonarlo, in fondo, me ne importava zero. Avrei preferito completare l'album degli Sgorbions, piuttosto.
Col tempo poi formai varie rockband dimenticandomi di quello strumento e delle serenate, ma questa è un'altra storia.
Dicevo: era una giornata molto calda, aspettavo la birra la pasta pomodoro&olive e tutti i tavoli accanto erano occupati da gente chiacchierona. Mi sentivo bene, coi capelli a ripararmi gli occhi dal riverbero e dagli sguardi indiscreti.
Poi si sa la mente è sciocca e mi è bastato un accenno di un vecchio brano dei REM en passant che taaak!, sono ripiombato indietro di anni, come avessi visto passeggiare un giovane Liuk così estraneo all'io attuale che a testa bassa canticchiava "I’ll strip the world that you must live in
of all its godforsaken greed. I’ll ply the tar out of your feathers. I’ll pluck the thorns out of your feet. You and me. You and me".


Ho bevuto la birra pensando a questa fissa che la gente ha sul cambiare per forza, come se rimanere sé stessi fosse un'onta. Che se si resta uguale si è noiosi e se si cambia si è inaffidabili. Bah.
Se avessi incontrato davvero il Liuk di -diciamo- 5 anni fa, forse non gli avrei stretto la mano però fermato di certo. E lui, lo so, avrebbe alzato lo sguardo risentito spegnendo una qualche canzone dei Radiohead da quello stupido Mp3 che avevo a forma di supposta e sarebbe rimasto in attesa per qualche secondo, la mano in tasca a controllare se il portafogli non era ancora stato scippato.
--Fidati un po' più degli altri-- gli avrei potuto dire --Fai sì con la testa quando ti danno consigli. E non seguirli. Mai--
Se non dovesse scappare (difficile che accada, correre tra la gente lo reputava un qualcosa di poco cool) potrei consigliarli di iscriversi subito alla scuola che sogna e di non dare corda a certa gente virtuale (l'avrebbero utilizzata per un nodo scorsoio). O forse non glielo avrei detto: in fondo le facciate servono a crescere, come dice Brunetta.
Spero perlomeno di non scoprirmi peggiore, se dovessi incontrarlo. Non troppo, almeno. Che poi in fondo chissenefrega. La paura del cambiare non mi tange granché, temevo più di rovesciarmi la birra in quel momento.
Comunque. Alla Holden c'è una persona che scrive davvero bene: cioè, è una donna e scrive da uomo in un modo così, così boh, così wow, una versione femminile a metà strada tra il mio mito Ian McEwan e Salinger. Di solito non mi garba molto leggere racconti di scrittrici che conosco, finisco sempre coll'essere imparziale, riempio le loro storie con particolari di chi le scrive, voce tic vestiti profumi occhiate discorsi scollature efelidi. E del resto la gente in linea di massima continua a non interessarmi granché purtroppo, quindi di riflesso pure i racconti. Lei invece è l'eccezione che speravo di trovare, come quella blogger che blablabla eccetera eccetera. Credo di essere attratto dalle artiste, dalle anime danzanti. Maledizione.
Ri-comunque. La collega holdeniana a un certo punto piazza una frase del tipo "Dopo i trenta tutto è senza impegno, nel senso che nessuno si impegna in niente, e allora mi sono detto perché dovrei farlo io" e ho pensato che a leggerla ora è uno spettacolo, ora che inizia l'anno e uno vanamente stila la lista delle cose che "Cascasse una pannocchia quest'anno farò!".
Iscriversi in palestra, trovare una casa col giardino, pubblicare il libro e finirne uno di Pynchon e Foster Wallace, interrompere una ola allo stadio, chiedere un aumento di stipendio, sgambettare un'ombra, innamorarmi di un'idea e/o di una ragazza, cose così.
Beh, dovrei ringraziarla per i maldipancia che eviterò smile
Dicevo. A fine serata mi son infilato sul solito pullmann traballante e la velocità minima mi ha permesso di ammirare un cielo rosa al di là delle alpi da cartolina ("Troppo caldo, troppo rosa e troppo bello, tempo da terremoto", direbbe mia nonna).
Guardavo dal finestrino che già fremevo pensando ai miagolii che fa Zooey ogni volta che mi avvicino alla porta di casa, probabilmente avrò anche accennato un paio di sorrisi, di quelli che quando vedi qualcuno farli sul tram pensi "ma questo è scemo".


 
Forza Liuk, arriverà il tuo turno, va tutto bene. Hai pure comprato la camicia di Dylan Dog alla Rinascente e una a righe grigionera di CK che ti sta d'incanto.
Forza Liuk, va tutto bene.
Scriverlo in fondo non costa nulla.
Che poi, voglio dire: basta parole. E l'ora di sporcarsi di vita.
STAY TUNED

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