giovedì 14 marzo 2013

ROAD TO KENYA 2013

VIAGGIO (ANDATA)



Ascolto i Pixies. Ho terminato un libro di Palahniuk da meno di cinque minuti (Survivor, comperato nell'agosto 2003. Era quasi l'ora di leggerlo). Il protagonista dirotta un aereo. Dimenticavo: in questo momento sono sull'aereo. Turco, a esser preciso. Credo sia mezzanotte, lo schermo dice che mancano 3 ore e 47 all'arrivo. Nairobi è l'ennesima meta. Conto di ritrovare un altro pezzetto di me, laggiù dove si dice che l'essere umano sia nato.
Africa, dunque. Io e i leoni, quando appena questa mattina la Zooey se ne stava a dormire sul mio braccio, lei e il suo musetto che quando mi guarda sembra dire "Io mi fido di te ma tu non fare lo stesso errore".
Forse questo viaggio servirà ad affrontare la mia codardia; non ho impedito che lei, la gatta alla quale una sera di settembre ho sussurrato "Avrò cura di te", venisse sterilizzata. Certo sì vivo in appartamento, lei stava male eccetera, il fatto è che avrei dovuto imporre la mia volontà e farla diventare mamma, almeno una volta. Pestifera com'è, avrebbe avuto cuccioli da non potere che amare. E invece. Non me lo perdonerò mai. Così il viaggio serve per ritrovarmi. E nel frattempo scappare. Da lei e da quell'italietta che vota ancora una volta quel tale, da chi non ho, dal mio io che non ha impedito la procreazione a una creatura. Il tizio di nome Silvio, poi. Che cosa particolare. Ha passato così tanti anni a imbambolarci col Si-La-Do delle sue concubine che al momento di votare gli italiani si sono riscoperti Bemolli.
La vita è una serie perpetua di errori e fughe o scuse per perdonarsi e giustificare gli sbagli successivi.
C'è un po' di turbolenza, ora.
L'mp3 passa dai Pixies ai Sigur Ros e mi viene da ridere, penso alla sensazione che ho avuto quando ero sugli iceberg e guardo lo schermo davanti con disegnato l'aereo che attraversa l'Etiopia. E' sempre così: si compiono delle cose mentre si pensa ad altre cose. Un po' come il sesso quando se ne fa troppo o l'altra persona inconsciamente comincia a piacerti meno.
Comunque.
Mi auguro che da qualche parte, tra i fenicotteri rosa e i ghepardi e le giraffe e i cuccioli di elefante, ci sia una pozzanghera lì ad aspettarmi.
Chissà, nel riflesso potrei vedere anche te.


APPUNTI VARI

Appena superato l'equatore le palle hanno iniziato a girarmi in senso antiorario.



Passando col pulmino le persone si mostrano salutando. Parrebbe quasi che il segreto del potere stia nel farsi adorare da chi è più forte e numeroso di te.
Il sorriso dei bambini, così puro e innato da cancellare il degrado attorno. Forse è questo il segreto del sorriso. Forse è questo ciò che mi manca: distinguere nelle persone i sorrisi disinteressati dalle paresi melliflue.
I negozi hanno nomi splendidi, sono sicuro di aver visto pure un NAMELESS SHOP.
I saliscendi infiniti
I babbuni per strada
Le kenyote
Il monte Kenya che sta in mezzo a colline travestite da montagne che chi-sa chiama Rift Valley
Gli altopiani danno l'impressione di essere in movimento, quasi che di notte diventino come la roccia della Storia Infinita, in giro a predicare l'avvento del nulla
Lo gnu fotografato un quarto d'ora dalla nascita e ribattezzato gnu entry
I ponteggi in legno
Gli ingorghi di Nairobi
La pioggia. Vedo la terra incapace a trattenerla, i rigagnoli di minuto in minuto più imponenti, le ruote del pulmino che slittano come guidate da un babbo natale fuori stagione. E il cielo, wow!, le nuvole che a strati lo dipingono di un grigio che è blu che è azzurro sporco che è benedizione che è indifferenza-di-chi-bruca che è nero shakerato con l'amore di chi muove i fili della vita. E rimango a guardare quei goccioloni col solito sorriso interiore da ebete di quando mi accorgo che ancora una infinità di eventi saranno in grado di stupirmi, bloccando e allungandomi la crescita. Quell'acqua sporca mi ha purificato molto più delle bottigliette sigillate che bevo durante le pause al lavoro.


SHAPESHIFTER


 
Nottata insonne pensando alle parole giuste da dirle l'indomani prima che sia troppo tardi, alla situazione perfetta o malinconica o indimenticabile o.
Avrebbe detto sì, se solo fossi stato un altro me.
E così mi sono semiaddormentato; con la consapevolezza che le mie contraddizioni ancora una volta avrebbero avuto la meglio. In effetti è successo questo, coi miei dettagli che già vedevo scolorire nei suoi occhi, con le parole non dette e bloccate in gola a solleticare l'incapacità di farmi amare. Il diavoletto sulla spalla sorride pronto a darmi il cinque, l'angioletto scuote la testa più incazzato che deluso e questa volta concordo con lui: che senso ha viaggiare se poi non riesco a condividere le emozioni(?).
Eppure.
Eppure non posso permettermi di perdere la speranza.
Analizzare l'Africa, scindere le sensazioni che mi sta lasciando; vorrei, devo, abbandonare questa carcassa da sconclusionato. Meritare un sorriso. Avrei dovuto saperlo che non era lei invece di aggrapparmi a quegli sguardi che di sicuro significavano altro e non ciò che mi servirebbe. Riderò di tutto questo, un giorno. Continuo a muovermi e la distanza non cambia.
L'Africa me lo sta sussurrando da un po', credo di iniziare a capire le parole di Pessoa che leggevo sottobanco da adolescente.
"Abdica,
e sii re di te stesso".
Il resto è fuffa. Devo terminare il periodo delle stilettate al cuore, sono al limite dell'anemia. E le parole d'amore scritte sul vetro tendono a scomparire, poco importa alimentare o meno la condensa.
Africa, lo sbruffone europeo che è partito spavaldo ora ti chiede aiuto.
Lascia che ti ricordi, lascia che mi dimentichi.


VIAGGIO (RITORNO)

Guardare gli animali della savana negli occhi è una scossa che smagnetizza le certezze.
So che in quel frangente loro non hanno le mie percezioni eppure lo stesso immagino che abbiano cercato di dirmi qualcosa, un monito per il futuro che riuscirò a decodificare presto.


 
Il musetto del ghepardo coi piccoli affianco e tutti e quattro a fissarmi: io lì, un imbecille con la macchina fotografica che quando affronta quegli occhi fa di tutto per restare in silenzio e non tremare, che nel pulmino degli avvistamenti non ero da solo e un uomo con le lacrime credo sia difficile da giustificare anche in un altro continente.
Mi è parso per un attimo, un attimo solo!, che col pensiero il felino mi stesse dicendo di guardare bene, osservare mentre si prende cura dei suoi cuccioli. Che il segreto è tutto lì.
Il tempo, una volta che tornerò in Europa, riprenderà a scorrere. E forse all'opposto io mi bloccherò. Merda. Maledizione al mal d'Africa. Sarebbe così bello spostare lo sguardo dal finestrino dell'aereo e invece che i due sedili vuoti potere vedere marmocchi, i miei!, tre?, quattro?, e la lei-che-verrà a stringermi la mano. Fieri, soddisfatti e fuori dal tempo come quegli elefanti che ho visto accudire i loro piccoli con un tipo di amore che non credevo possibile.



E allora sì!, in quel caso non dovrei temere o giustificare le lacrime.
Forza Liuk, forse così sarà.
Arrivederci, Africa.
E grazie.

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