giovedì 16 gennaio 2014

PARTOGENESI DEL ROMANZO "PER ADESSO NO"



«Hai tempo libero» è una delle frasi più gettonate, quando le persone scoprono l’esistenza del mio primo romanzo; a me viene in mente una vignetta di Snoopy ma non ribatto e mi limito al silenzio.



Durante i due anni alla Holden ho sentito un oceano di definizioni sull’atto dello scrivere, sugli scrittori, su quanto scrivere sia un atto per comprendersi. Io ascoltavo, a volte prendevo pure appunti, eppure la vocina in testa continuava a sussurrare la frase di Leslie Nielsen: “Tutti a dire stronzate…”.
Scrivere è una tortura.
Scrivere significa odio smisurato per i polpastrelli.
Scrivere è scartavetrarsi le sicurezze fino a farle evaporare.
È sottomettersi controvoglia a una padrona feticista, un tacco a spillo sul palmo della mano e l’altro sull’anima.
Scrivere è flagellarsi l’autostima.
Scrivere è prendere il cerchio del benessere e lanciarlo dal dirupo per poi arrivare a fine capitolo e scoprire di essere imprigionato in un cerchio differente, dimenticandosi di com’era quello lanciato.
Il foglio bianco ti fa pensare a quanto bene vivessero i popoli antecedenti ai Sumeri. Più volte mi chiedo «E allora perché…?», poi resto quei trequattro secondi in silenzio e la risposta sgorga sotto forma di altre domande.
E allora perché la mattina alle sette ti svegli per andare in un ufficio dove la gente ti saluta per cortesia?, e allora perché hai un televisore e a volte durante cena guardi carloconti?, e allora perché quando esci per la pausa pranzo e le montagne ti invitano per una passeggiata fingi di non sentire e rientri al lavoro?, e allora perché non rompi il naso a certi saccenti che ti guardano con superiorità solo perché loro hanno il Suv e tu la micra?
Per essere accettato e sopravvivere, fondamentalmente. Questa è la scusa.
Scrivere è un poco diverso, in effetti. Potrei sopravvivere senza scrivere, certo. Non potrei vivere, però. È questo il tormento: odiare ciò che fai per vivere e non poterne fare a meno.
A Natale mio zio mi ha regalato Open, la biografia di Andre Agassi. Io, che non so neppure quanto possa pesare una racchetta, ho pensato “Va beh inizio a leggerlo per cortesia”. Il 27 l’ho finito. Inizia dicendo che lui odia il tennis con tutto il cuore e che nonostante tutto lo pratica, un po’ per quella sorta di odioamore e un po’ perché è l’unica cosa in cui sente di “riuscire bene”.
Io non so se scrivo bene, la cosa col tempo ha perso importanza per quanto mi riguarda – in effetti basta aprire un libro recente a casaccio e di frasi oscenamente ridicole e banali se ne trovano in quantità – però quando succede anch'io, pressappoco, mi sento vivo. Certo, dopo Matrix e Inception il concetto di sentirsi vivo ha perso senso, ma tant’è.
Seminare dubbi e domande, credo che questa sia la missione di uno scrittore. Di risposte se ne sentono troppe e continuamente, ogni giorno per strada o in tv ci sono persone che – beati loro… - possiedono la scienza infusa e ci tengono a ricordarcelo. Casomai ce ne fossimo dimenticati.
Poi, e chi lo sa?, le domande ti portano a vedere le cose – sì, esatto, quelle “cose” che vedi da una vita e che credi di conoscere a memoria – da un altro punto di vista, e spesso l’angolazione rivela ombre nascoste o aurore boreali da condividere come Balto e la sua bella. "Evoluzione", direbbe Darwin, ma io non avendo la mia faccia su qualche banconota mi limito a "Deviazioni".
Trovo che una persona senza domande sia utile come gli spaghetti senza sale.
Quando suonavo era tutto differente, salivo sul palco ed ero un’altra persona, pensavo “Ahahah plebaglia ora sono io a fare le regole”; la scrittura ti pone in un’altra dimensione, ti fa capire l’importanza della condivisione.
Con amplificatore microfono e chitarra ero io davanti a un tramonto splendido, ora che scrivo sono io davanti a un tramonto splendido insieme a te.
Comunque. Com’è nato questo romanzo? Da un errore. Come buona parte delle cose che creiamo, in fondo. Anni fa avevo progettato un viaggio in Scozia, ma non avendo saputo dire di no ad alcuni amici ho viaggiato con loro ed è stata un’esperienza spiacevole (fa sorridere quanto il disastro presente sia molto spesso una vittoria futura). A metà vacanza ripiegai in Grecia e lì ho conosciuto una persona che mi ha psicanalizzato durante una trasferta su un catamarano, al punto da farmi pensare che "va bene seguire inconsapevolmente la propria strada, ma un faro o un’indicazione preventiva ogni tanto non è che sia peccato mortale".
Da lì, mesi in cui nei sogni si plasmava un tizio con le sue domande; un ragazzo qualunque a cui era stato affidato il potere di modificare i pensieri altrui. Un ragazzo che lottava per non imparare a usarlo, in realtà. E durante il giorno, davanti al pc, guardando il telegiornale, in coda al semaforo, scontrandomi con la gente al centro commerciale, avevo sempre la stessa domanda a frullar le sinapsi: come si comporterebbe una persona di fronte all’occasione di poter plasmare le coscienze altrui?
Così, senza fretta, io e quel ragazzo abbiamo iniziato a conoscerci.
Quando scoprii che si chiamava River, gli dissi «Ma dai?, come River Phoenix» e lui mi guardò storto. Raccontò della sua infanzia trascorsa in comunità hippie per via del mestiere di sua madre, una guaritrice. "Strega", disse una volta. Quando gli domandavo del padre era spesso evasivo, ma col tempo mi accennò che non l’aveva mai conosciuto, che era morto di overdose, che era leader di un gruppo psichedelico caduto in disgrazia un attimo prima della celebrità. «Ma dai, come in Almost famous!» Anche in quell'occasione fece la faccia grama.
"I protagonisti dei sogni non vogliono essere interrotti", scrissi sul moleskine.
Poi le cose sono precipitate e non ho potuto far altro che raccontare la sua storia, tentando di indovinarne i pensieri nascosti.
Trasformare la bic in un badile e scavare, scavare, scavare.
Una volta per dissuadermi River mi disse «Io ho seguito l’arcobaleno. Giuro. Fino a trovare la pentola. Davvero. Ma caro Liuk, davvero pensi che dentro ci sia oro? No no, ho trovato solo un biglietto. Sai che c’era scritto? Ritenta.»
Ricordo di aver fatto sì con la testa e di aver continuato a seguire la sua storia: volevo capirmi, volevo uno spunto di riflessione per chi poi quella storia l’avrebbe letta.
Scavavo, dunque. Ho scoperto che River era perseguitato in sogno da esseri tremendi, che al risveglio scopriva lividi. Se la passava piuttosto male, a dire la verità. Poi un giorno, ed ero verso il quinto capitolo, mi ha sorpreso: disse che voleva scoprire la provenienza dei suoi incubi e ricordo di aver provato invidia. Il voler diventare protagonista della propria vita credo sia il traguardo finale dell’esserlo già; a me, come credo a molta altra gente, questa spinta spesso manca.
Indagando sulle cause del malessere ho scoperto insieme a lui qualcosa sul padre – che tra l’altro aveva trovato un nome alla sua band che mi garbava parecchio: Soul stripped II times – ma mi accorgevo che River stava semplicemente passeggiando in un dedalo di vicoli ciechi.
Un signore molto zen diceva che quando l’allievo è pronto compare il maestro.
Non so quanto sia vera l’affermazione, ma so che d’improvviso una gatta di nome Zooey è entrata nell’universo di River e so pure che una settimana dopo aver concluso il romanzo quella stessa gatta è entrata in casa mia. "Un regalo", mi sono detto. Ora che convivo con lei da mesi direi piuttosto "Una benedizione."
Comunque sia, River e Zooey hanno fatto da subito squadra, fino al punto – illuso d’un River! – di smettere con le ricerche, convincendosi che al destino non si può porre rimedio. Fu allora, ed ero a metà romanzo oramai, che in sogno ebbi un’interferenza. Tre vecchiette mi accennarono di una situazione da risolvere che lì per lì non capii, parlarono di un filo legato a due matasse, che avrei avuto bisogno di una forbice affilata. Pensando che fosse un semplice dopo sbornia, le ignorai.
Ignorare è la cosa più semplice per sopravvivere no? È difficile vedere un ignorante triste.
Fatto sta che a River arrivò una lettera dal Sud America; la badante di un nonno – il padre di suo padre – che non sapeva di avere lo voleva convincere ad attraversare l’oceano. C’erano "cose fondamentali di cui doveva essere al corrente", scrisse.
Non so voi ma quando entra in gioco il verbo dovere ho sempre quel brivido stile “andare in bagno scalzo a luci spente e nel corridoio pestare un qualcosa che potrebbe anche essere uno scarafaggio”.
Comunque. River, sotto consiglio del suo animale guida, decide di attraversare l’Atlantico destinazione Buenos Aires, senza sapere nulla – neppure il nome – di questo fantomatico nonno, spinto solo da un desiderio di scoperta a metà strada tra Ulisse e una falena.
È stato interessante scoprire la storia di quest’uomo, la sua visione della vita e dell’amore ancorata ai tempi del nazismo, la convinzione che solo nella scienza si celano le risposte ai perché passati e futuri.
Durante l’incontro tra i due quel signore ha pronunciato una frase che mi è rimasta impressa, pressappoco fa “Più denso della verità è l’amore. E più dell’amore è la vendetta.”
E pensare che per una serie di circostante River nel frattempo l’amore l’aveva pure trovato, che tempismo!
Quando il romanzo si è terminato – ma poi si può definire conclusa una storia il cui titolo è “Per adesso no”? – ho sentito un vuoto, un senso di appagamento così totale da non esserlo affatto. L’ultimo “invio” è stato un po’ come trasformarsi nella sigaretta fumata dopo l'amplesso, essere la bollicina personale di champagne del vincitore del Tour de France.
Mi hanno insegnato molto River e Zooey, al punto di pensare “bah, poteva uscire peggio..” eppure quando è arrivata la proposta di pubblicazione come ebook da Libromania (una nuova collana nata dalla fusione tra la DeAgostini e la Newton) ho avuto una reazione da taxi driver, col "Are you talkin’ to me?" ripetuto allo schermo del pc.



Va beh. Sono soddisfazioni. Così come vedere il prezzo imposto a 1.99: avevo ricevuto proposte cartacee a 16 euro ma non li avrei spesi neppure io :-)
E niente, il romanzo – la mia parziale visione di cosa è accaduto – è nato così, mi farebbe piacere potermi confrontare con te. Se ti va di leggerlo di link dove poterlo scaricare ce ne sono parecchi (ne allego uno a casaccio), mi pare che su google ci siano anche delle pagine aggratis per farsi un’idea.
Il poterci confrontare piacerebbe anche a River, credo. Alle unghie di Zooey sicuramente.

ebook "Per adesso no"

STAY TUNED


1 commento:

  1. Bello bello bello!
    Se ancora serviva qualcosa a convincermi questo post c'è riuscito.
    Lo ACQUISTERO' prestissimo.

    Complimenti Luca.

    RispondiElimina